3/20/2008

PINO PASCALI-ALEXANDER IOLAS













L'11 settembre del 1968 moriva a Roma, tragicamente e prematuramente, Pino Pascali, forse l'artista pugliese più grande, certamente il più celebre a livello internazionale di tutto il Novecento. Pascali aveva solo 33 anni. Era nato a Bari da genitori di Polignano a Mare il 19 ottobre del 1935. Dopo la tragica fine (fu investito da un'auto mentre correva in moto) la sua salma fu inumata nel piccolo cimitero del suo paese di origine. La carriere artistica di Pascali è breve e folgorante. Si era diplomato all'Accademia di Belle Arti di Roma nel 1959 e aveva cominciato subito a farsi notare come scenografo. Aveva eseguito bozzetti, disegni e "corti" per "Carosello" e altre trasmissioni tv, oltre che disegni e plastici di velieri, treni, corazze. Per suo conto sperimentava intensamente. Nel 1965 aveva tenuto la sua prima personale, a Roma nella prestigiosa galleria "La Tartaruga". In soli tre anni si era imposto all'attenzione dei maggior critici d'arte italiani (Vivaldi, Calvesi, Grandi, Rubiu, Boatto, Bucarelli, De Marchis) e di galleristi d'avanguardia, come Sargentini, Sperone, Iolas (che lo presentò nel 1968 a Parigi). Proprio nell'estate del 1968 aveva partecipato su invito con una sala personale alla XXXIV Biennale di Venezia. Era la sua consacrazione: dopo la sua scomparsa, a mostra ancora aperta, gli fu conferito il Premio internazionale per la Scultura. Scultore, scenografo, performer, Pascali coniuga in modo geniale e creativo forme primarie e mitiche della cultura e della natura mediterranee (la Grande Madre e Venere, il Mare, la Terra, i Campi, gli attrezzi e i riti agricoli) con le forme infantili del Gioco e dell'Avventura (animali della preistoria, dello zoo e del mare, giocattoli di guerra, il mondo di Tarzan e della giungla, bruchi e bachi, travestimenti, Pulcinella). Traduce questo mondo dell'immaginario in forme monumentali e strutture essenziali, concise, come il romanico pugliese e il bestiario medievale delle sue chiese; ma nel contempo rimandano alle icone della dilagante cultura di massa (il fumetto, il cinema, la moda). realizza le sue "false sculture" con materiali fragili ed effimeri (tela, legno, lana d'acciaio, pelo acrilico, paglia, raffia). In questo modo dà una sua originale risposta critica (italiana e meridionale) alle nuove tendenze che venivano dall'America: la Pop Art, la Minimal Art. Precorre l'Arte Povera, la Body Art, l'arte concettuale degli anni Settanta.

FOTOGRAMMA TRATTO DALLA PERFORMANCE FILMATA DI LUCA MARIA PATELLA SKMP2

Opere conservate in Puglia: "Pozzanghere" (Pinacoteca Provinciale di Bari), "Cresta di dinosauro", "Trappola", "Bachi da setola", disegni (collezioni private), opere grafiche, cimeli, materiale stampa, fotografie presso il Centro d'arte contemporanea Pino Pascali (materiale di eredità Pascali).

Referenze bibliografiche: "L'isola di Pascali", catalogo della mostra retrospettiva allestita a Polignano a Mare nel 1998 a cura di Achille Bonito Oliva e Pietro Marino, edizione ed organizzazione Zelig - Comune di Polignano a Mare. "Pino Pascali", a cura di Anna D'Elia, ed. Laterza 1983.

*Il profilo di Pino Pascali è tratto dal sito www.gdmland.it. Le fotografie, invece, sono tratte dal catalogo "L'Isola di Pascali", edito da Zelig e dal Comune di Polignano a Mare, nell'ottobre 1998, in occasione della mostra retrospettiva organizzata nel trentennale della morte di Pascali

LE MOSTRE

1965

Gennaio. Prima mostra personale presso la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Espone i Nudi, Muro di pietra, Colosseo, Ruderi sul prato, Biancavvela.

Aprile. Espone alla Libreria Feltrinellli di Roma il Teatrino.

Luglio. Partecipa alla mostra - concorso a tema Corradino di Svevia con l'installazione-performance Requiescat.

Estate. Realizza le armi.

Settembre. Partecipa alla mostra Revort 1 a Palermo. Altre collettive: galleria Ferrari a Verona, premio Termoli, premio Michetti a Francavilla a Mare.

1966

Gennaio. Personale alla galleria Sperone di Torino con le Armi.

Primavera. Esegue le prime opere in tela cetinata bianca.

Agosto. Al premio Avezzano presenta per la prima volta opere bianche, Bucranio, Trofei di caccia.

Settembre. Presenta, per il XII Premio Spoleto Due Code.

Ottobre-Dicembre. Personale in due tempi nella galleria L'Attico di Fabio Sargentini a Roma. Nel primo tempo il ciclo dello Zoo e dei Trofei, nel secondo Il Mare, Scogliera, Barca che affonda, due Balene.

1967

Maggio. Prima personale all'estero con opere dei diversi periodi.

Giugno. Alla mostra Fuoco immagine acqua terra all'Attico di Roma a cura di Boatto e Calvesi, opere del nuovo ciclo: Pozzanghere, 1 e 2 metri cubi di terra.

Luglio. Alla mostra Lo spazio dell'immagine a Foligno presenta 32 metri quadrati di mare circa. Alla VI Biennale di San Marino presenta Confluenze.

Settembre. A Genova, per la mostra Arte povera - Im Spazio a cura di Celant, ripresenta 1 e 2 metri cubi di terra. A Tokyo e Kioto, Ricostruzione della balena.

Ottobre. Personale in due tempi alla galleria Jolas di Milano. Nel primo tempo, le opere bianche. Nel secondo tempo le opere di terra, Cornice di fieno, Campi coltivati, Canali di irrigazione.

1968

Gennaio. Personale alla galleria Ars Intermedia di Colonia.

Febbraio. Presenta un'opera del nuovo ciclo, Vedova Blu, alla 6° Biennale Romana, Palazzo delle Esposizioni.

Marzo. Personale alla galleria Jolas di Parigi anch'essa in due tempi. Appaiono per la prima volta i Bachi da setola. Seconda personale all'Attico di Roma, in due tempi. Nel primo, i Bachi da setola. Nel secondo, Ponte, Trappola, Botole.

Maggio. Mostra 5 artisti romani a Wiesbaden. Presenta Baco da Setola, Ponte, Vedova Blu, Cavalletto.

Giugno. Sala personale alla 34. Biennale di Venezia. Espone Pelo, Contropelo, Cesto, Stuoia, Le penne d'Esopo, Archetipo, Solitario, Liane. In ottobre gli è conferito (post mortem) il premio nazionale per la scultura.

Luglio. Prepara una personale per New York. Partecipa, insieme a Fabio Sargentini, Jannis Kounellis ed Eliseo Mattiacci al film SKMP2 di Luca Patella.

1969

Maggio. Alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, Palma Bucarelli organizza la prima grande mostra antologica retrospettiva di Pascali.

LE OPERE

I principali cicli - a cura di Rosalba Branà (direttrice artistica di Palazzo Pino Pascali)

"Le armi" - CLICCARE SULLE FOTO PER INGRANDIRE

Nel 1965 l'artista elabora un ciclo di opere dedicate alle armi, da sempre passione di Pascali. Le sculture saranno delle armi - giocattolo di grandi dimensioni e realizzate assemblando residuati meccanici, tubi idraulici, vecchi carburatori Fiat, rottami, manopole. L'artista con l'abilità di un bricoleur ricostruisce cannoni, bombe, mitragliatrici quasi in scala reale ma falsamente minacciosi poiché inutilizzabili. E' il suo modo di ironizzare sulla guerra, di giocare ai soldatini (ci sono molte foto in cui l'artista in perfetta tenuta militare posa vicino a queste grandi armi - giocattolo); le armi sono portatrici di morte, Pascali invece le ricrea con pezzi di scarto, ma la verosimiglianza è ingannevole, anche il colore (grigio - verde) con cui le dipinge sembra reale. Grandi sculture a forma di giocattoloni, non più oggetti inquietanti che la coscienza civile rifiuta o delega ai 'signori della guerra' ma l'operazione artistica di Pino Pascali consiste nel trasportare nel mondo dell'arte l'infanzia e il gioco. Gli sono sempre piaciute le armi, le divise (suo padre era funzionario di polizia) le ha viste e le conosce. Ora che è cresciuto, decide di farle diventare 'oggetti d'arte', sono le sculture dell'artista adulto. La libertà di un artista consiste anche nello svincolare la forma dal contenuto: le armi non sono solo sinonimo di morte e distruzione ma qui nell'intenzione dell'artista vanno associate al gioco, all'ironia, allo sberleffo. Pascali mette così in crisi anche il linguaggio della scultura e vi introduce un nuovo concetto: l'ambiguità. Gli amici artisti (da Ceroli a Pistoletto) o gli altri del gruppo torinese dell'arte povera non osano tanto, pur nella mutazione dei soggetti rappresentati il materiale era chiaro, il ferro era ferro, il legno era evidente e certo, semmai esaltato. Nelle 'armi' no. La costruzione è falsata in tutto, nelle dimensioni (il cannone è grande ma non a grandezza naturale), la struttura sembra vera, ma vi sono anche cartoni, metalli, pezzi di scarto e rifiuti. Il tutto viene reinventato e riproposto come reale. E l'artista stesso sottolinea il gioco e l'ambiguità dell'operazione facendosi ritrarre travestito da soldatino con piglio imbronciato e serioso ma con evidente e sottile ironia, a voler sottolineare che è tutto finto, che tutto è gioco, anche nell'ARTE.

Gli animali. Le "finte sculture". 1966/67

In questo ciclo di opere Pascali non cerca più la 'verosimiglianza' con il reale come era accaduto per le 'armi' ma già nell'uso del materiale, tela e struttura in legno, materiale industriale (gli scovoli di acrilico) dei bachi da setola o peluche sintetico per la vedova blu è chiara l'intenzione dell'artista: ricostruire una nuova Arca di Noé ingigantita dall'occhio di un bambino, grandi animali leggeri come nuvole oppure realizzati come giochi di peluche ma sempre sovradimensionati. Egli stesso le chiamava le finte sculture: sono trofei di caccia, colli di giraffa, code di delfini e balene, rettili. La tela viene tagliata e usata con una tecnica precisa come un tappezziere può preparare la struttura di un divano (Pascali ha comunque realizzato il salotto dei suoi genitori), i tagli sono netti e precisi, la grandezza smisurata di queste 'finte sculture' finisce per fare da controaltare alla propria leggerezza poiché l'interno è vuoto. Così Pascali introduce un elemento linguistico nuovo: priva la scultura di una sua precisa connotazione, il peso. I bianchi animali ricordano le sculture e i bassorilievi del romanico pugliese che l'artista ben conosceva e che il suo fervido mondo immaginario aveva rielaborato inconsciamente. Infatti, pur senza mai citare la Puglia o Polignano o le memorie d'infanzia e adolescenza pugliese, la poetica, il linguaggio, le forme, i temi nascono da un substrato mediterraneo e meridionale che si incontreranno a Roma con le esperienze artistiche internazionali (Pop Art, minimalismo americano, Arte Povera, performances). Il ciclo delle 'finte sculture' si divide essenzialmente in due gruppi: il primo comprende gli animali preistorici: (dinosauri, balene, delfini, pescecane, rettili) mentre l'altro si ispira alla natura pura e incontaminata. bianche scogliere, il mare, le cascate, i bambu. In queste opere è più forte la componente scenografica ma anche elementi di surrealtà visibili nella capacità di mescolare abilmente e con l'ironia che sempre accompagna il lavoro di Pascali, il gigantismo dei giocattoloni, il monumentalismo del bianco romanico pugliese, i fumetti di B.C. che l'artista amava leggere.

La ri-costruzione della natura. 1967/68

Pascali tende sempre più ad invadere lo spazio, ad occuparlo con opere che assumono le dimensioni di vere e proprie installazioni. I materiali usati sono elementi primari come l'acqua, la terra: qui si accentua la sua cultura mediterranea, la Natura è vista come la Madre Profonda e Benigna dispensatrice di vita e di erotismo. I caratteri della civiltà contadina affiorano visibilmente nei "Campi arati", nei "Canali d'irrigazione", in "1 mc di terra". L'idea di trasformare in oggetti scultorei ben definiti gli elementi naturali, come i "32 mq di mare" in vaschette di zinco, è un tentativo riuscitissimo di conciliare il naturale con l'artificiale. L'acqua è l'elemento primario che affascina Pascali da sempre e ricostruisce il suo mare in vaschette di zinco ognuna delle quali contiene una variazione di tono su tono del colore del mare. Nelle "Botole" o nelle "Pozzanghere" ritorna l'elemento primario dell'acqua ma vi è anche la simulazione di materiali freddi come l'asfalto e l'uso dell'eternit che rappresenta una novità in più rispetto alla Minima Art e all'Arte Povera dove i materiali vengono esibiti come tali e nella loro ossessiva neutralità e freddezza. i coperchi delle "Botole" si possono spostare, aprire e chiudere come veri 'chiusini' e l'acqua delle pozzanghere tende ad evaporare in misura diversificata e a seconda delle condizioni climatiche. Pascali coglie i segnali della crisi delle culture metropolitane ("Il pensiero selvaggio" di Levi - Strauss è del '64), molti sono gli artisti interessati all'antropologia sociale, basta l'esempio degli spettacoli del Living Teatre che Pascali frequenta a Roma. Così, intorno agli anni tra il '65 ed il '68 nasce un forte atteggiamento culturale circa il mito delle civiltà pre-industriali che trova la sua applicazione visiva nella Land Art americana e nell'Arte Povera italiana. Nel '67 nasce proprio a Torino, la città industriale per eccellenza, il movimento dell'Arte Povera teorizzato dal giovane critico Germano Celant che invita anche lo stesso Pascali a farne parte. Ma i 'movimenti' vanno stretti al nostro artista, ancor oggi difficilmente collocabile in questa o in altra corrente artistica; il ciclo di opere con elementi naturali quali l'acqua, la terra, la paglia nasce da una parte come presa di coscienza razionale contro l'urbanizzazione e il tecnologismo avanzante, l'altra - meno razionale e più inconscia - si configura come la rielaborazione poetica della memoria e delle energie vitali insite nei miti mediterranei.


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